Cantu ‘e coru
Le nostre “serate” erano sempre diverse l’una dall’altra. La “scaletta” delle canzoni, e non solo, era studiata a seconda della località dove ci si doveva esibire. Il pubblico, sempre numeroso, ci accoglieva rumoroso e festante in ogni angolo dell’Isola. Ovviamente certi “pezzi” facevano “esplodere” la folla in applausi e risate che non ci hanno lasciato insensibili, e lasciavano in tutti noi, sempre, tanto stupore e meraviglia. Il culmine dello stupore, però, e non solo per noi… ma anche, e direi soprattutto, per il pubblico, arrivava quando, magari dopo Only cu o Di ‘e trippa o Simeone Locci, o altri pezzi altrettanto scanzonati e, talvolta, dissacranti, era giunto il momento di Cantu’e coru… Il pubblico, fino a quel momento rumoroso, sorridente e sicuramente partecipe col “corpo e la voce” di tutto quel che succedeva sul palco, improvvisamente… senza spiegazione alcuna, ammutoliva: silenzio tombale… un silenzio improvviso che mi ha sempre ricordato (se mi è consentito un tale paragone) il momento della Consacrazione del pane e del vino durante la Santa Messa! Silenzio dunque, nessuna risata; migliaia di testoline molto attente ma, per certi versi, interdette, sembravano chiedersi il perché di Cantu ‘e coru dopo l’indigestione di fueddus’ malus’, barzellette piccanti e scenette sempre al limite… in Cruxi propriu no deppiara andare… ripetuto, e la canzone si concludeva. Solo a quel punto la folla si lasciava andare in un applauso scrosciante, sempre, in ogni paese o città, lasciandoci tutte le volte compiaciuti e commossi.
di Ziu Lilliccu